A metà degli anni Novanta andai a Carpentras, una città francese nel dipartimento di Vaucluse, ai piedi del Mont Ventoux (leggendario per Petrarca e per le imprese ciclistiche di altri tempi) e a pochi chilometri da Avignone (antica sede temporanea del Papato cattolico).
Andai per un prestigioso concorso chitarristico internazionale ed ebbi occasione di visitare le vie del centro e le prime periferie.
Carpentras e Savona
La città stava vivendo un periodo di transizione, molte attività commerciali erano chiuse, numerosi appartamenti sfitti e parecchi edifici cadenti. Provai un senso di desolazione che mi faceva desiderare di ritornare a Savona, al più presto.
Ho parlato poche settimane fa con un amico francese. Oggi la situazione appare ribaltata: la città in declino è Savona mentre Carpentras è stata lentamente riqualificata e appare fiorente.
Lunghi anni di disinteresse
Da tempo per varie ragioni chiudono negozi, anche prestigiosi e storici, e le Amministrazioni Comunali alternatesi non hanno attuato alcuna contromisura al fine di prevenire il fenomeno.
La piaga è cominciata nei quartieri Oltreletimbro, Lavagnola e Villapiana e gradualmente si è affacciata in centro città, prima nelle vie del centro storico e ora nelle arterie principali.
Tralasciando le estreme periferie (Villetta e Valloria, Santuario, Legino, Zinola) ormai pressoché ininfluenti nell’opinione pubblica, Savona può essere definita una città satellite costretta a vivacchiare tra il Ponente, Genova e la Provincia Granda, surclassata per idee, intelligenze e progettualità, incompiuta per transizione turistica, insufficiente per energie produttive e servizi primari.
Chiudono attività secolari in via Paleocapa e in Corso Italia, tra i mugugni di pochi e nel silenzio di tanti cittadini e del Palazzo.
Tanto ci si sposta poco più in là.