“Nei primi cento giorni di amministrazione risolveremo i problemi della città”
Con questa litania abitualmente si concludono le campagne elettorali dei fanfaroni. E le fandonie, a ben vedere, pagano.
Quale sia il meccanismo che induce noi elettori a credere a qualsivoglia promessa è un mistero; abbiamo attraversato oceani di balle – da la mafia non esiste al milione di posti di lavoro per arrivare all’abolizione della povertà – e nonostante ciò il candidato sindaco che le spara più grosse (è matematico!) diventa sindaco.
E’ vero che ci si abitua a tutto.
Già nel primo secolo a.C. Mitridate il Grande, temendo di essere avvelenato come il padre, cominciò ad ingerire una piccola quantità di un mix di veleni ogni giorno fino a rendersi immune a tutti i veleni allora conosciuti.
Mitridate lo fece per sopravvivere. Noi lo facciamo così, senza ragione. Per abitudine.
Siamo tanti Mitridatini tecnologici che credono ai bloggers anziché agli scienziati, che un avvocato è un avvocato a prescindere, che se lo dicono i giornali allora è sicuramente così, che studiare non serve, che il calcio viene prima di tutto, che papà è un mito perché bestemmia benissimo.
Personalmente fatico a digerire le false promesse. Mi spaventa chi ne fa uso perché lo farà sempre, indiscriminatamente e senza scrupoli. Anche costui lo fa per abitudine ma con una ragione: centrare l’obiettivo.